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Donne: differenza, parità e nonviolenza

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Chiudo gli occhi e inizio a pensare a quello che abbiamo vissuto in questo mese, rivedo come è nata l’idea di un progetto da  “fare” a scuola…un piccolo  sogno: che possiamo fare cittadinanza come convivialità delle differenze…che anche  noi possiamo gettare un seme…

Vedo i volti delle persone che abbiamo incontrato e incrociato, con le quali ci siamo scambiate idee e dalle quali abbiamo ricevuto tanto in disponibilitàa collaborare, in positività e passione.  Vedo anche le difficoltà  che abbiamo incontrato per concretizzare e far partire il progetto, per far nascere il contenuto del laboratorio…perchè stare e lavorare con gli adolescenti e le adolescenti non è più semplice che stare con gli adulti, anzi, al contrario.  È stato pensando a loro,al difficile contesto in cui adolescenti e famiglie si trovano a vivere e a muoversi oggi che abbiamo deciso di realizzare un percorso nel mondo dei diritti…dai diritti della persona a quelli della donna, da quelli della donna a quelli dell’adolescente.  Non perché donne e adolescenti siano più deboli, abbiamo ripetuto tante volte in questi giorni, ma perché nella storia tante volte, troppe volte quei diritti di persone gli sono stati negati è arrivato il momento di dire basta e di dirlo insieme, ragazzi e ragazze.  È stato così che, in una bella  mattinata in cui anche il tempo è stato dalla nostra  – è partito il nostro lab.  È così che, nel bel parco di fronte alla scuola, in mezzo alla gente, ci siamo dati da fare: cosìdal "Gioco del destino"in cui non vinceva il migliore ma il più fortunato ad essere nato con certe caratteristiche (maschio –bianco –nessuna religione –due lingue conosciute –studi universitari per esempio) e dall’amaro in bocca che ci ha lasciato, siamo passati al “Termometro dei diritti”–perché quando ci rendiamo conto che ci sono dei modelli che la cultura ci vuole imporre in cui altre persone hanno la peggio, dobbiamo decidere di prendere posizione nel gruppo  -  per arrivare infine alla Girl Declaration, la dichiarazione scritta da 500 ragazze nel sud del mondo che quest’anno hanno chiesto ai grandi del mondo di veder rispettati i propri diritti come mezzo per sconfiggere la povertà.  Leggendo e confrontandoci su quello che queste ragazze africane, asiatiche, sudamericane chiedevano, ci siamo resi conto che forse non riuscivamo a comprendere bene che significa il diritto alla sicurezza economica, perchéil contesto sociale in cui viviamo noi è un po’ diverso da un Paese povero, ma sentivamo in modo chiaro e distinto che ci sono dei diritti che le nostre e i nostri adolescenti vorrebbero vedere rispettati, come il diritto ad avere una educazione sessuale e emotiva a scuola, per conoscere come funziona il proprio corpo oppure il diritto a sentirsi sicuri in un’epoca in cui si sente tanto parlare di violenza contro i ragazzi e le ragazze e anche i ragazzi sentono pericoloso uscire di casa da soli o in gruppo.

Se chiudo gli occhi riesco a vedere l’entusiasmo con cui i diversi diritti sono stati trasformati in scenette senza parole  “fatte” con la tecnica del mimo: si, senza parole, perché se è vero che i diritti sono diritti inalienabili chiunque può esprimerli anche senza parole, senza una lingua nazionale e tutti gli altri devono sforzarsi insieme di  capire di che diritto si sta parlando.

È bello chiudere gli occhi e vedere questi ragazzi e ragazze sotto il sole di marzo e sentirli raccontare di sè pieni di vita,con tutte  le loro speranze, le loro paure, il desiderio di fare strada e di avere qualcuno di cui potersi fidare…èbello tornare a casa con l’impressione di aver ricevuto molto di piùdi quello che hai dato e tanta responsabilità per questo. 

Se chiudo gli occhi rivedo la serata conclusiva, il 25 marzo giornata in cui si celebra  l’abolizione della schiavitù, quest’anno dedicata alle donne:  li vedo arrivare questi nostri ragazzini e ragazzine, vivaci e interessati,li vedo  con la loro maglietta gialla ascoltare con attenzione e rispetto le testimoni che hanno raccontato della loro esperienza di vita: Astride Kazadi proveniente dal Congo che ha parlato di quanto è faticoso essere donna in Africa, di quante violenze psicologiche e fisiche deve portare sulle sue spalle una ragazza che a 25 anni si sente già vecchia e ascoltata praticamente da nessuno,di come il viaggio in Italia èstato un sogno di vivere in un Paese in pace; Anita Rossetti, che ha raccontato della sua scelta di donna che ha scelto di schierarsi a fianco di Salvatore Borsellino e Nino di Matteo contro la mafia ci ha fatto riflettere invece sul fatto che dove i rapporti sociali si basano sull’intimidazione,la corruzione,l’omertàsi vive in uno stato non di pace ma  di violenza che va denunciata e combattuta.  Se chiudo gli occhi sento sulla pelle la forza che ha sprigionato nella sala l’intervento di Elisa Alemanni, la psicologa dell’associazione Syneimi che ha incitato le donne e gli uomini ad indignarsi di fronte a tutto ciò che denigra la donna.

Se chiudo gli occhi, sento la musica di "Break the chains”(trad. Rompi le catene), vedo  la danza delle ragazze  che hanno dato corpo, sentimento, movimenti alle parole “we are beautiful creatures”…

Il progetto lo abbiamo realizzato e io ogni tanto chiudo gli occhi per riassaporare qualche briciola di felicità, di ansia, di aspettativa, di soddisfazione vissuta…forse si poteva fare meglio, sicuramente potremo  fare di più…sicuramente una  strada si è aperta. 

G.C. – Egerthe! Galatina

 

 

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