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Giulio Girardi e il Dio con i poveri

Convegno all’Ateneo di Lecce

 Cerezo Barredo
 

L’associazione Egerthe! Galatina è stata tra i promotori del Convegno realizzato presso l’Università di Lecce sulla figura di Giulio Girardi, teologo della liberazione recentemente scomparso, dal titolo Giulio Girardi e il messaggio della teologia della liberazione.

Giulio Girardi è morto a 86 anni nel febbraio scorso. Questo incontro è un fare memoria del  suo pensiero e delle sue opere, non intese soltanto come i libri che ha scritto, ma come le scelte di vita che ha fatto parallelamente all’elaborazione del suo pensiero.

Certo parlare della vita e delle opere di Giulio Girardi ci porta ad un mondo che può sembrare molto lontano e forse lo è. Giovanni Franzoni lo ricorda in una riflessione scritta proprio in occasione dell’ultimo saluto:“ricordare Giulio Girardi significa ripercorrere tutta la nostra vita di cristiani impegnati dopo il Concilio tra gli anni 70 fino ai nostri giorni. Erano gli anni in cui gli uomini di scienze e di sapere non utilizzavano più le loro conoscenze per rafforzare e consolidare i  saperi esistenti ma spinti dal Concilio Vaticano II scendevano dalle cattedre per rendere viva e incarnata nella realtà sociale dell’umanità la loro fede”. Importante, per delineare il profilo di questo uomo e intellettuale impegnato, ricordare  anche un altro episodio che viene richiamato in molte delle brevi biografie di Girardi: quando egli venne  estromesso dall’Università Cattolica di Parigi e poi anche dall’Università di Bruxelles in cui insegnava,  tre docenti che rispondevano al nome di Francois Houtard, Gustavo Gutierrez e Paulo Freire si dimisero anch’essi per solidarietà.

Girardi, un cristiano rivoluzionario.

Intervento del prof. Arrigo Colombo  

Il tema del rapporto tra marxismo e cristianesimo è per eccellenza il tema affrontato da  Girardi, fin dall’inizio della sua riflessione, fin dal  il suo primo libro che aveva per titolo proprio “Marxismo e cristianesimo”edito dalla Cittadella di Assisi nel 1966.  Gli anni ‘60 furono  un periodo difficile, perché se  è vero che il Concilio Vaticano II che si era appena concluso non aveva mai nemmeno citato i termini di socialismo e comunismo, però rimanevano  vive  le condanne della Chiesa nei confronti della rivoluzione (Pio IX  nel Sillabo e Leone XIII nell’enciclica Quod apostolici muneris ) che si diceva andasse contro il principio di nonviolenza. Mentre nella tradizione del cristianesimo cattolico questo era un concetto davvero sommerso, esso era stato proclamato con forza e realizzato invece proprio da alcuni movimenti considerati eretici come l’anabattismo,che accogliendo radicalmente il messaggio nonviolento fino al punto da mettere in atto quella frase del Vangelo che invita a “non resistere al malvagio”,aveva promosso nell’Europa orientale del 500 una grande esperienza di utopia comunitaria nonviolenta: le 80 fattorie fraterne fondate dalla corrente hussita dell’anabattismo, infatti,  in cui coabitavano dalle 300 alle 1000 persone  proprio in nome di quel principio, arrivarono a rifiutare di opporre resistenza anche agli assalti delle truppe imperiali o turche,fino alle estreme conseguenze.  

Quando nel 1966 Giulio Girardi pubblica il suo primo studio sul marxismo, si ritrova a dover fronteggiare una situazione estremamente difficile di incomprensione, poichè  il marxismo è stato assunto e attuato nel modello sovietico,  che invece di realizzare la dittatura  del proletariato ha reso perenne il capitalismo di Stato inteso da Marx solo come un momento di passaggio nella costruzione della nuova società: invece della dittatura del proletariato si è realizzata  la dittatura staliniana, ovvero la dittatura del partito sul proletariato, con uno stato dispotico e oppressivo che sancisce  la ricaduta nel dispotismo antico di sempre. Il marxismo quindi è rifiutato per diversi motivi:

  •   in quanto ateo, identificato nell’ateismo militante sovietico ;

  •  in quanto trasmette  una visione della Storia vista in una dimensione conflittuale della società, riassumendo la storia nella lotta di classe. Per i critici, essendo la  Storia stessa conflittualità essa si oppone radicalmente al principio fraterno (anche se il principio fraterno èassai poco presente nella linea di sviluppo della chiesa gerarchica);

  •  in quanto rivoluzionario. La rivoluzione è rifiutata come rovina dell’ordine sociale e come contrastante il principio di nonviolenza, sebbene questo principio,in realtà fosse assai poco presente nella tradizione cristiana cattolica: infatti,  la nonviolenza è riscoperta da Tolstoj nella sua lettura del Vangelo e trasformata in azione da Gandhi e Martin Luther King.  

  • in quanto con la sua proposta di comunione dei beni e di radicale uguaglianza distrugge la naturale ineguaglianza umana,poiché il diritto di proprietàèvisto come un diritto naturale

  • in quanto materialista,perchéil marxismo èmaterialista.

E’ evidente che ci si trovava di fronte ad una  condanna globale che proveniva dal pensiero ottocentesco: Pio IX  condanna il comunismo già nel 1846, cioè ancor prima che uscisse il Manifesto del Partito comunista, poi l’enciclica ‘’Divini Redemptoris”nel 1937 condanna il comunismo ateo. Si trattava di una situazione molto complessa, che richiede di  essere chiarita punto per punto.  

1.    Per ciòche riguarda il primo punto, cioè l’ateismo militante possiamo dire che  nel marxismo come in genere nella modernità, esso poggia su  particolari ragioni storiche e cioè l’identificazione delle gerarchie religiose con la classe dominante, che per salvaguardare i privilegi ottenuti, finisce con il proiettare la salvezza in una dimensione escatologica.  

 L’eredità dell’annuncio di Cristo è fortemente presente nella prima comunità gerosolimitana, quando tutti quelli che avevano poderi o case le vendevano per redistribuire  il ricavato tra tutti ( “nessuno piùtra loro era indigente”).  Nel momento in cui l’episcopato medievale entra a fare parte del ceto dominante si afferma  una  proiezione escatologica della salvezza che esclude la redenzione terrena: tutto avverrà dopo questa vita, intanto  su questa terra   il povero dovrà soffrire e dovrà accettare la sua sofferenza, ricevendo al massimo un’elemosina.  La parola carità / agape, che è il divino fraterno amore ed è la grande parola dell’annunzio cristiano assume il  significato di elemosina che si dà al povero.

L’esclusione della redenzione terrena giustifica quel famoso concetto critico che appare nella metà dell’800 con la sinistra hegeliana, cioè il concetto di religione come l’“oppio dei popoli”,oppio   perché concentrando la redenzione del popolo sull’aldilà e promettendogli un compenso nell’altra vita, distrae il popolo dall’al di qua e soffoca la sua tendenza a ricercare  la giustizia terrena.

2.   per ciò che riguarda la storia come lotta di classe occorre chiarire che  la lotta di classe non ha nulla a che fare con la violenza: la lotta di classe è una rivendicazione del proprio diritto, non è necessariamente violenza, poiché non si può raccogliere insieme il ricco e il povero,lo sfruttatore e lo sfruttato, l’oppressore e l’oppresso senza che prima sia avvenuta la redenzione dallo sfruttamento e dall’oppressione. Questa  tendenza irenica invece è presente anche nella Rerum Novarum di Leone XIII che pure è considerata la Magna Charta della dottrina sociale cristiana.  La rivoluzione  è violenta in senso strutturale, poiché essa è l’eversione di una società ingiusta per costruirne una di piùavanzata giustizia; essa diventa anche fisicamente violenta in quanto ci sono i corpi del potere che resistono, in particolare la polizia o l’esercito, oppure in quanto, come avvenne in Francia, si determina il Terrore, una specie di accanimento nella purezza della rivoluzione in cui colui che non è puro viene soppresso.

3.   Quanto alla motivazione pregiudiziale secondo cui il marxismo  distrugge la naturale diseguaglianza umana, possiamo dire che  l’uomo innanzitutto è uguale nella dignità e nel diritto della persona: la dignità e il diritto della persona e tutto ciò che consegue a questa dignità e diritto, sono uguali per tutti.  Il diritto di proprietà non è un diritto naturale, poiché la terra è di tutti e questo rientra nella tradizione cristiana: la terra è di tutti e non è stata data a nessuno in particolare néindividuo né popolo. È vero che l’uomo ha il dominio della propria azione e ha il dominio di ciò che cade sotto la propria azione:  se io prendo un pezzo di legno e faccio una statua, quella statua è mia avendoci  elaborato una parte di me stesso, tuttavia   al di sopra della proprietà e del singolo sta sempre la destinazione universale dei beni. Questo criterio è bene tenerlo presente, per esempio, per formulare un giudizio coerente sulla delocalizzazione:  un’azienda non ha il diritto di delocalizzarsi, non ha il diritto di abbandonare tutte le persone che hanno partecipato a costruirla e renderla grande.

Esperienza personale e umana di una teologia che libera l’uomo

Intervento di Alex Zanotelli

 Alex Zanotelli interviene per esprimere la sua personale esperienza di teologia della liberazione. È importante fare memoria, in particolare fare  memoria di una persona che ha dedicato la sua vita agli  esclusi, ai poveri  per tradurre  poi quell’insegnamento e quell’esempio nel nostro oggi.

Giulio Girardi èstato definito apostolo della liberazione: è una bellissima definizione, che descrive la coerenza e la volontà di rimanere fedele alla sua opzione di vita, nonostante la depressione di cui soffriva e che per lunghi periodi lo spingeva ad allontanarsi dalle persone.  Per tradurre  la teologia della liberazione nel nostro contesto, Alex Zanotelli delinea il proprio percorso che è passato attraverso la riscoperta delle due parole fondamentali donate da Dio al credente: il Creato e la Bibbia, temi questi fortemente presenti anche  nel pensiero di Girardi.

Sant’Agostino diceva che la prima Bibbia che Dio ha dato a noi è il Creato, questo bellissimo pianeta: Dio ha impiegato 4 miliardi e 600 milioni di anni per  regalarci questo capolavoro. Thomas Perry, teologo americano morto nel 2009, in un suo libro “Il futuro cristiano e il destino della terra” ci offre degli spunti significativi  utili per essere tradotti nell’applicazione:“Oggi possiamo dire che la più significativa distinzione tra gli esseri umani non è basata né su nazionalità, né sull’etnia né sulla religione, ma è piuttosto una divisione fra coloro che dedicano la loro vita a sfruttare la terra in maniera deleteria distruggendola e coloro che si dedicano a preservare la terra in tutto il suo naturale splendore. Moralmente noi abbiamo sviluppato una risposta al suicidio, all’omicidio, al genocidio, ora ci troviamo a confrontarci con un biocidio. L’uccisione di sistemi vitali è geocidio, l’uccisione del sistema terra, delle sue strutture vitali e funzionali: queste opere sono un male maggiore di quanto abbiamo conosciuto finora ma per le quali non abbiamo principi né etici né morali di giudizio. Stiamo eliminando forme vitali che hanno richiesto centinaia forse migliaia di milioni di anni per giungere all’esistenza, per esempio le foreste tropicali hanno richiesto 60 milioni di anni per essere quelle che sono: sono forse la più bella espressione di vita sulla terra e forse in questo immenso universo, eppure stiamo distruggendo le foreste tropicali ad una velocitàdi 50 ettari ogni minuto di ogni giorno“.  Cominciamo a capire che la prima parola che dobbiamo recuperare èquesto rapporto nuovo con la terra:recuperare il gusto delle cose, della terra, incominciare a capire che la prima parola fondamentale è il Creato,è la Natura diventa  possibile solo se c’è una rivoluzione dentro di noi.

Di questa distruzione del Creato, del sistema  in buona parte è colpevole il cristianesimo, perché questo sistema economico e finanziario non nasce nel buddismo, non nasce nell’induismo o nell’islam,  ma nasce dall’esperienza occidentale la cui anima è stata il cristianesimo:occorre dunque un serio esame  di coscienza daparte nostra. 

La seconda Parola consegnataci da Dio è la Bibbia: recupero della Bibbia, ma letta con gli occhi dei poveri, come la teologia della liberazione ci ha insegnato.  In fondo se recuperiamo la storia biblica, ci possiamo rendere conto che quella che noi chiamiamo teologia della liberazione è  essenzialmente il cammino che ha fatto questo popolo alla ricerca di Dio, è quello il cuore di quella Parola, una Parola letta nei bassifondi della Storia.  Leggere il Vangelo di Marco in una bella villa non è la stessa cosa che leggerlo in una baracca:  lo stesso testo vuol dire cose completamente diverse. Una Parola letta con l’aiuto di tutta la grande ricerca scientifica che si sta sviluppando grazie soprattutto alla teologia, allo studio delle religioni, all’antropologia, ma letta soprattutto con gli occhi dei poveri. L’esperienza del Primo Testamento è l’esperienza di un piccolo clan di schiavi fatto di non piùdi 200 persone, schiavi del più  grande impero del Medio Oriente, l’impero egiziano, faraonico: questo piccolo gruppo  lentamente incomincia a capire che non ne vuol sapere di rimanere schiavo, vuole liberarsi e da qui ci fu quella che noi chiamiamo la rivoluzione. Cosa è che avviene? Una lotta di liberazione: noi non sappiamo come è avvenuta esattamente, poiché l’Esodo fu scritto 700 anni dopo, ma la cosa chiara è stata che questa lotta di liberazione ha visto che Dio è presente nell’impegno per liberarsi, poiché  Dio non vuole schiavi ma vuole uomini liberi. È questa la grande intuizione fondamentale e religiosa.  Questa lotta porterà poi ad una domanda: ci siamo liberati, ma verso che cosa? Ecco la grande domanda. L’impero è costruito su un’economia di opulenza – pochi e con la pancia piena a spese di molta gente che deve tirare la cinghia, poiché  gli antichi imperi, come quelli di oggi, erano fatti del 95 per cento dal popolo: per fare questo dovevano tenere una politica di oppressione (gli apparati dello stato servono a tenere a bada la gente) e una religione imperiale in cui Dio benediceva l’impero e a chi soffriva diceva abbiate pazienza perché poi c’è come premio il paradiso. È da questo tipo di esperienza che questo piccolo clan si è liberato, ma  per andare verso che cosa? Per andare verso un’economia di uguaglianza (in chiave mosaica è l’immagine della manna: si può raccogliere tanto quanto basta ogni giorno altrimenti marcisce) e  per avere questo c’è bisogno di una politica di giustizia distributiva e  c’è bisogno di una profonda esperienza mistica, un’esperienza che motiva ad impegnarsi per realizzare una società più giusta. Questo è quanto questo piccolo clan ha tentato di fare.

Così le terre furono equamente distribuite tra tutti – e questo è anche archeologicamente provato – perché la terra è di Dio (in tutte le altre culture la terra è di Cesare, del faraone ) e poiché  è di Dio deve essere anche equamente distribuita. Questo piccolo clan che si insedia sulle colline della Giudea e della Samaria resiste per circa100-150 anni tentando quest’esperienza, poi crolla: non è facile per noi uomini portare avanti questo ideale, da qui la profezia che è il ricordo di questo sogno e la denuncia a nome di questo sogno, del tradimento totale che è avvenuto con la monarchia. Questa tradizione è fatta propria da Gesùdi Nazareth: oggi c’è tutta la straordinaria ricerca sul Gesùstorico, la cosiddetta terza ricerca di matrice americana. Gesù nasce proprio all’inizio dell’Impero romano, nella Galilea che vive sotto il tallone dell’imperialismo romano.  Il popolo galileo pagava non una ma tre tasse che erano pagate in natura e coprivano il 70% di quanto si produceva: una tassa era per il tempio, una andava al re Erode Antipa e una a Cesare.  Per pagarle il popolo doveva  indebitarsi: se uno  non poteva più indebitarsi era costretto a  vendere il campo – ( è dimostrata la presenza dei latifondi in Galilea)  e se non aveva più neanche quello, doveva vendersi in schiavitù.  Questo era il giro di boa dell’oppressione romana in Galilea. L’impero aveva fatto un’alleanza con il tempio: oggi è sicuro ad esempio che il titolo di sommo sacerdote veniva comperato a fior d’oro da Roma e  Ponzio Pilato custodiva nel pretorio  le vesti dei sommi sacerdoti e le consegnava solo al momento delle feste. Ogni giorno c’erano due sacrifici a Cesare nel tempio di Gerusalemme. È in questo contesto che Gesù,  entrando in quella Galilea storica si rende disposto ad accogliere l’aspettativa del suo popolo schiacciato: l’Annuncio è la critica radicale che Gesù ha mosso al sistema. La nonviolenza attiva l’ha inventata Gesù: il problema era infatti  rimettere in piedi un popolo che chiedeva la propria dignità ma senza usare le armi, perché egli  aveva visto che il suo popolo andava dritto allo scontro con Roma e sarebbe stato schiacciato dall’Impero. La nonviolenza attiva è il cuore del vangelo: è una delle ferite grosse nella Chiesa che non è stata ancora capace di proclamarla dogma di fede.

Gesùdunque fa una marcia verso Gerusalemme, con pochi uomini, per portare il grido di sofferenzadel suo popolo nel centro del potere: sapeva molto bene che andando a Gerusalemme sarebbe stato ucciso, infatti tempio e impero, alleati, lo vedevano  come sovversivo. La crocifissione è terrorismo militare romano: i crocifissi erano schiavi o sobillatori contro l’impero. Gesù finisce così. Oggi in America si sta sviluppando una ricerca incredibile anche su Paolo e  finalmente anche Paolo è stato collocato entro il contesto imperiale romano: vediamo che egli non ha fatto altro che creare comunità alternative all’impero e nel momento in cui il potere imperiale  ha capito cosa stava accadendo  ha avuto inizio la persecuzione. È stato questo, il cammino fatto da Zanotelli a Korogocho, un cammino che continua e che sta animando il suo  impegno di oggi.  Così il missionario lo racconta “L’ultimo giorno che ho passato a Korogocho, il 17 aprile 2002 , i responsabili delle piccole comunità cristiane insieme a vari pastori di chiese indipendenti mi hanno convocato e mi hanno detto: ”Alex, tu non puoi uscire di qui domani mattina se prima non preghiamo su di te”. È stata una preghiera bellissima durata due-tre ore, poi alla fine della preghiera uno ha detto “Alex inginocchiati” un altro ha detto “imponetegli le mani” e mi sono sentito centinaia di mani sulla testa e un ministro della Chiesa indipendente africana ha cominciato a pregare in maniera carismatica, un quarto d’ora di preghiera …verso la fine dicevano “papà” :“papà ti prego dona a padre Alex il tuo Spirito Santo “ e la gente che mi schiacciava a terra: “donaglielo con forza perché adesso possa tornare dalla sua tribù bianca e convertirla”. Guardate che se la tribù bianca non si converte non c’è speranza né per noi né per loro né per il pianeta terra. Capite che razza di importanza assume allora per Dio l’Italia? Sono in missione, ho scelto di vivere in Rione Sanità,  uno dei rioni difficili di Napoli e davvero la situazione diventa sempre più difficile, tesa e violenta e mi sono davvero impegnato a camminare con questa gente ma soprattutto ad impegnarmi per aiutare la mia tribù bianca a capire che fa parte di un sistema economico finanziario che schiaccia e uccide. Ricordiamoci prima di tutto che siamo dentro la dittatura della finanza: Monti ne è la perfetta espressione. Ricordiamoci che Monti è un international advisor della Goldman Sachs e della Coca Cola. Nell’anno scorso abbiamo speso a livello mondiale 1.740 miliardi di dollari in armi:l’Italia, un piccolo paesino, sapete quanto ha speso l’anno scorso? 26 miliardi di dollari: basterebbero quei 26 miliardi per non fare tagli alla scuola o alla sanità, ma sono necessarie le armi per difendere chi sta banchettando. L’aveva già detto Bush: lo stile di vita del popolo americano non è negoziabile e se non è negoziabile, dobbiamo investire in armi e fare la guerra. Tutto questo sistema sta pesando talmente tanto sull’ecosistema che siamo arrivati alla crisi ecologica: il pessimismo è totale, il pianeta rischia di non sopportarci più. Quindi non è soltanto un problema di oppressione, dobbiamo iniziare a capire che la Madre Terra ha diritti. Se la madre terra non può continuare neanche noi possiamo continuare. Su due aspetti ho lavorato in questo periodo in Italia, cioè l’acqua e i rifiuti. L’acqua: ma come abbiamo fatto, in un Paese che si dice civile a permettere ad un Parlamento di dichiarare l’acqua una merce? È come se un figlio dichiarasse la madre  una merce. L’avete mai pensato di privatizzare vostra madre? Come abbiamo fatto a privatizzare l’acqua quando la scienza dice che tutta la vita nasce da qui: ecco la lotta che abbiamo fatto con il referendum che non si vuol tradurre neanche qui in Puglia . Sull’acqua ci giochiamo tutto: domani si continuerà a morire di fame  ma soprattutto di sete, con il surriscaldamento spariranno buona parte delle fonti idriche. Altro che petrolio,  l’acqua…ecco perchévogliono metterci le mani.

Il secondo impegno sono i rifiuti. In Campania ci hanno portato via l’aria. Ma siamo impazziti? Ma cos’è che conta a questo mondo, l’uomo o il profitto? Ed ecco allora la nostra lotta sull’acqua e sui rifiuti. Ecco la necessità di nuovi stili di vita, riciclando tutto: è possibile che una città come San Francisco faccia il 90% di riciclo e il comune ci guadagna e che noi non riusciamo a farlo? E visto che vi state impegnando per l’energia, non rovinate il vostro bellissimo paesaggio e non vendete l’energia alle multinazionali: è questa la vera democrazia"

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