maggio:2024
LMMGVSD
«nov  
 12345
6789101112
13141516171819
20212223242526
2728293031 

Orientamenti annuali dell’Associazione

 

20141011_122905 (2)

 

La fede - La Vocazione al volontariato –

La trasformazione -  Evangelizzare gli indifferenti -

Solo attraverso la comunità -  Le divisioni

Obiettivi pratici

L’incontro che abbiamo vissuto a Soleto durante il mese di agosto è stata un’occasione importante per fare memoria del cammino finora vissuto e soprattutto per guardare verso orizzonti di rinnovamento con il desiderio di tracciare una strada che vogliamo percorrere insieme nel segno della corresponsabilitàe della testimonianza.

La fede: "Tenete lo sguardo fisso su Gesù" (Eb.3,1.12,2)

Desideriamo essere uomini e donne che sanno tenere insieme la loro vita, uomini e donne di fede, che si impegnano a tenere tenere lo sguardo fisso su Gesù per seguire il Vangelo con semplicità, con passo leggero, con obbedienza.  Obbedire significa fare delle cose che per natura noi non sceglieremmo di fare, ma scegliamo di fare per fede: la fede dell’obbedire non significa camminare alla cieca, seguendo un altro che ti guida, ma fare la propria esperienza di un rapporto personale con Gesù che diventa autentico se ci spinge ad andare incontro agli altri. Ci vogliamo porre alla sequela del Maestro innanzitutto attraverso una preghiera personale: è quello il momento in cui possiamo davvero essere sinceri e aprirci ad un rapporto personale con Gesù, poiché se non siamo in comunione con Lui non possiamo essere in comunione con gli altri.

Tenere lo sguardo fisso su Gesù significa per noi prendere un impegno con Lui ed affidarci a Lui non come vogliamo noi, ma come vuole Lui, far seguire alla preghiera un impegno concreto e portarlo avanti prendendo come modello Gesù.

Tenere lo sguardo fisso su Gesù è libertà, poiché la creatura non è mai assorbita da Dio,come il Padre non ha mai assorbito il Figlio. La stessa libertà intendiamo prendere all’interno della chiesa: Gesù non lo capiremo mai fino in fondo, ma la fede vince lo scandalo, vince la paura che si avverte quando la comprensione del messaggio non è ancora chiara e suscita perplessità e dubbi.

La Vocazione al Volontariato

Poi udii la voce del Signore che diceva: "Chi manderò? Chi andrà per noi? Allora risposi: "Eccomi, manda me"  (Is. 6,8)   

Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date  (Mt 10,8)

Isaia liberamente accetta di essere missionario ed incomincia la sua missione parlando a persone chiuse (ricchi,potenti,religiosi), a persone che hanno orecchi e non sentono, hanno occhi e non vedono, cioè agli indifferenti. Quando il vangelo diventa una scelta libera che risponde ad un bisogno che è una chiamata di Dio, diventa missione. Nel momento in cui accettiamo di fare volontariato, dobbiamo tener presente che:

  • Dio ama chi dona con gioia;

  • Gratuitamente si riceve, gratuitamente si dona.

La vocazione è un modo di essere, non è auto-realizzazione e come tale deve nascere spontaneamente nel nostro cuore di uomini e donne.

La trasformazione

In quel tempo Gesù prese a dire: "Io ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Si, Padre, così ti è piaciuto" (Mt. 11,25)

Nel Vangelo di Matteo i piccoli, i poveri, gli esclusi, gli oppressi non sono categorie da aiutare come spesso siamo portati a pensare, ma sono coloro ai quali Abbà ha rivelato perché così gli è piaciuto. Non è un problema di teologia morale, ma di conoscenza, di rivelazione: cioè le cose del Padre sono nascoste ai sapienti, ma rivelate ai piccoli. Conoscenza significa fare l’amore con l’altro, lasciarsi trasformare.

Entrare nella storia delle persone per trasformarci: questo scandalo non deve spaventarci ma renderci consapevoli che non possiamo fare l’esperienza della Resurrezione senza la croce.

I Poveri sono i nostri maestri «Il Signore concesse a me, frate Francesco, d’incominciare così a fare penitenza, poiché, essendo io nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di anima e di corpo. E di poi, stetti un poco e uscii dal mondo» (Test. 1-3:FF 110)

Nell’ascolto non si strumentalizza l’altro, ma ci si immerge nella sua croce: abbracciare la croce è condividere il problema con qualcuno, abbracciare la causa di qualcuno. Se si vuole conoscere Dio è lì che ci si deve aggrappare: chi va a vivere col povero fa esperienza della conversione, come accadde per Francesco d’Assisi quando si aprì ad accogliere i lebbrosi verso i quali prima provava disgusto (“Ciò che mi sembrava amaro fu cambiato in dolcezza di animo e di corpo”).

I poveri sono i nostri maestri,  come amore di Dio, un amore che è semplice, senza maschere, senza riserve. Per essere santi dobbiamo fare  questo investimento con il povero rinunciando perfino a tornare nel comfort rassicurante della nostra casa!

Evangelizzare gli indifferenti

Allora costrinsero un tale che passava, un certo Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e Rufo, a portare la croce ( Mc. 15,21)

Gesù disse loro: "Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori (Mc. 2,16)

Simone fu costretto a portare la croce (l’obbedienza del primo punto) e questo lo ha trasformato.

Se i poveri dovranno essere i nostri maestri, chi dovremo andare ad evangelizzare noi? Chi sono i malati? Al tempo di Gesù i malati erano i farisei che non hanno accolto il suo messaggio, la sua testimonianza e non si sono “lasciati curare”da Gesù. I malati di oggi non sono gli esclusi, ma gli indifferenti a cui va portato l’annuncio: il nostro invito non vuole essere quello di entrare a far parte dell’associazione, ma quello ad essere “cirenei” cioè aiutare a portare la croce.

L’evangelizzazione è testimonianza: siamo consapevoli che la testimonianza  è  prima di tutto servizio, cioè  vuol dire impegnarci a dare quello di cui l’altro ha realmente bisogno, entrare nel reale bisogno dell’altro perchè  mentiremmo se ci limitassimo a dare denaro quando ci viene chiesto di donare il nostro tempo e la nostra attenzione o magari una lavatrice per fare il bucato.

Solo dopo la testimonianza resa in prima persona, ci disporremo ad arrivare all’annuncio: “Vieni!” non per acquistare membri per l’associazione, ma “Vieni”  a dare una mano per risolvere il problema concreto di una persona in difficoltà.

Solo attraverso la comunità

In un’altra parabola disse loro:"Il regno dei cieli si può paragonare al lievito che una donna ha preso ed impastato con tre misure di farina perchè tutta fermenti"( Mt. 13,33)

La scelta della comunità è per noi basilare: è stare insieme con-unità, non rinchiuderci nell’individualismo o nell’isolamento della nostra casa. Sono le persone insieme che formano comunità e la comunità non è mai un’unità indifferenziata anzi diventa tanto più ricca quanto più sono diversi i suoi membri.

Ognuno di noi deve essere lievito nella realtà in cui vive e che è costituita da tante comunità (religiosa, politica, sportiva, vicinato, scuola, ecc.): se crediamo e rispettiamo tutte le comunità, esse costituiscono per noi un valore. La nostra prospettiva è di non andare contro di esse ma di tendere alla loro trasformazione: la nostra associazione deve diventare fulcro di relazione con le altre comunità.

Certo noi sappiamo bene per averlo sperimentato che laddove c’è comunità c’è anche croce: sappiamo che gli altri, i vicini, i famigliari ci rivelano i nostri limiti e che a volte anche la famiglia è una realtà per noi crocifiggente, tuttavia in questo ci vengono incontro le parole di Gesù che dice ”Chi non prende la sua croce, non può essere mio discepolo”.  Su queste parole noi ci impegniamo a non lasciarci deviare dal tenere lo sguardo fisso su Gesù che ci ripete  “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti”.

Le divisioni

Allora i servi andarono dal padrone e gli dissero:  "Padrone non hai seminato del buon seme nel tuo campo?  Da dove viene, dunque, la zizzania? Ed Egli rispose loro: "un nemico ha fatto questo". E i servi gli dissero: "Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla? No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano” ( Mt 13, 27-29)

Dio ci ha creati a sua immagine e somiglianza ed ha scommesso su ognuno di noi e noi abbiamo creduto all’amore di Dio per noi. Il diavolo, Satana, rivela l’esistenza di una realtà importante: il Male. Il demonio nella prospettiva evangelica è il nemico che si impossessa dell’uomo perchè questo è creatura imperfetta e incompiuta che mostra la sua imperfezione nella sofferenza, nel disordine, nell’errore, nel disamore.

Nel momento in cui capisco che il “nemico” attraverso la zizzania si è impossessato della persona, smetto di demonizzare l’altro.

Quello che bisogna combattere è il male, che è Qualcosa non Qualcuno, non la persona. Il demonio divide: quando in una comunità si creano divisioni si sta favorendo il progetto del demonio. Quando sentiamo l’amore di Dio, possiamo perdonare e nel momento in ci apriamo al perdono degli altri cominciamo a credere che qualcuno ci ama. Consapevoli di questo, ci impegniamo a lottare contro il male con la mitezza, la dolcezza, la pazienza perchè noi abbiamo creduto nell’amore di Dio per noi, nel suo perdono offerto sempre per amore alle sue creature. Sino ad ora abbiamo messo insieme i nostri migliori difetti, ma da ora in poi proveremo a mettere insieme i nostri pregi.

Conclusioni

Dopo un’attenta riflessione ed un confronto comunitario sull’esperienza maturata durante il ritiro di Soleto abbiamo insieme fissato gli obiettivi pratici da raggiungere nel corso del nostro cammino annuale:
-  Educarci ad un ascolto interessato e partecipe delle sorelle e dei fratelli che parlano
-  Predisporci personalmente a voler cambiare (conversione).
-  Nel confronto adottare un atteggiamento che non faccia male all’altro, che non sia giudicante o diffidente ma amorevole e accogliente
-  Nella relazione mostrarci senza maschere, nudi davanti all’altro
-  Parlare con sinceritàe non secondo le aspettative degli altri
-  Impegnarsi a non avere tutto sotto controllo
-  Nel parlare, generalizzare senza fare nomi
-  Se manca la fiducia di partenza, sforzarci di superare i pregiudizi.
-  Non lamentarci, ma pensare positivo.
-  Sei come sei, ti amo
-  Provare ad impegnarci personalmente secondo le nostre possibilità verso il prossimo
-  Raccontarci per condividere e conoscerci
-  Condividere esperienze comunitarie con i poveri
-  Testimonianza e servizio
-  Cercare di mettere insieme i nostri pregi, non i nostri difetti.

Buon cammino!

 

 

Lascia un Commento

  

  

  

You can use these HTML tags

<a href=""title=""><abbr title=""><acronym title=""><b><blockquote cite=""><cite><code><del datetime=""><em><i><q cite=""><strike><strong>