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Una spiritualità per la lotta

Spunti di riflessione dal ritiro della nostra associazione

Per cosa ci stiamo battendo?

L’uomo in tutta la sua vita deve fare i conti con una dimensione conflittuale della realtà  con la quale non può fare a meno di confrontarsi perché  che esista il male è  un fatto e se esiste il male esiste anche la lotta.

Quali sono le lotte fondamentali per ciascuno di noi?  Lotte nella  famiglia,  che talvolta limita e blocca le nostre aspirazioni,  lotte  per riuscire ad essere se stessi,  lotte interiori contro le  paure,  il disfattismo e la passività;  talvolta  lotte contro la  disgregazione sociale che polverizza le relazioni o l’ipocrisia della bontà  che non ci permette di esprimere il disagio,  lotte contro i nostri nemici,  persone che  ci procurano sentimenti negativi e sono il simbolo  di una lotta concreta da affrontare.   Addirittura,  ci sono battaglie che neanche pensiamo che esistano o lotte nelle quali più  andiamo avanti e peggio stiamo:  un po’  come accadde agli ebrei che mentre erano in cammino per la terra promessa,  rimpiangevano la vita da schiavi sotto il faraone egiziano…

Quando la nostra fede cristiana ci rende schiavi

La vita è  dunque lotta ed è  per questo che  abbiamo bisogno di una spiritualità  che ci aiuti a trovare la forza per sostenere questa lotta.Iniziamo con una provocazione.

Ciccio e Tore i due fratellini di Gravina che nel 2006 morirono precipitando nella cisterna di uno stabile abbandonato:  venne accusato il padre il quale a sua volta accusò  l’ex moglie e questa situazione distrusse la famiglia,  ritardò  i soccorsi tanto che i corpi dei bambini vennero trovati per caso due anni dopo quando nella cisterna cadde un altro ragazzino.

In questa storia,  Dio dove sta?  Se Dio è  onnipotente,  perché  quei due bambini sono morti?  Se Dio è  onnipotente e non ha aiutato quei bambini  è  davvero disumano,  perché  mio padre e mia madre al suo posto mi avrebbero salvato.   Solo una cosa salva Dio nel caso di Ciccio e Tore:  se Dio è  impotente,  ma in quel caso sono costretto a mettere in discussione tutta la mia religiosità  devozionale,  una religiosità  di comodo che mi toglie le forze per combattere e mi fa stare sottomesso a Dio ogni qualvolta di fronte a queste tragedie concludo dicendo che quanto è  accaduto dipende dalla sua imperscrutabile volontà.   Che significa “devozionale”?

Devozione viene dal verbo dedicarsi a qualcuno:io mi dedico a Dio,  ma nel rapporto devozionale c’è  una perversione di questo rapporto,  perché  è  un rapporto mediato,  cioè  un rapporto che io ho con questa persona attraverso un’altra  (prete,vescovo,magistero)  per cui prego,  faccio opere buone,  aspetto dei segni ma fondamentalmente considero Dio un estraneo per me perché non sento quello che mi risponde.

Un rapporto devozionale con Dio coinvolge anche la preghiera:  quando ci sentiamo impotenti di fronte ad un problema intensifichiamo la preghiera per ottenere una “grazia”,  la preghiera diventa magica perché  ci aspettiamo che attraverso di essa un potere entri nella realtà  per modificarla.   Questa cosa non aiuta certo la nostra felicità,  è  schiavitù  ed è  solo quando noi ci svegliamo che finalmente diventiamo in grado di reagire e affrontare le situazioni:  l’invito a svegliarci è  l’invito a iniziare un rapporto diretto con Dio,  un rapporto che non abbia bisogno di intermediari.  Questo è il passo di liberazione.

Rompere con la religiosità  devozionale è  seguire l’esempio di Gesù  che  non impone mai niente ma propone:  la fede non è   sottomissione,perché  richiede fiducia,  la fede implica la libertà  di credere in un dono,  è  scelta,  è  una responsabilizzazione della persona.

In un mondo che non sia magico,  dove io accetto che Dio sia impotente,  la preghiera diventa chiedere a Dio cosa IO devo fare per distruggere la rassegnazione:  io ho un problema e me lo assumo sulle spalle.  Se la preghiera è  essenzialmente chiedere a Dio:  “che cosa devo fare?” allora essa   diventa un momento,  un luogo di profondità  rivolto essenzialmente a me:  quando non prego più  “Signore dai da mangiare a chi non sta mangiando”,  ma  “Signore,  come faccio a dare da mangiare a chi non sta mangiando?”  cambia radicalmente la preghiera e il mio stesso modo di mettermi di fronte alla mia vita!

Dalla spiritualità del mondo ultraterreno alla spiritualità per la felicità nel mondo presente

La preghiera è  importantissima nella lotta  perché  la lotta è  estenuante e a volte ci scoraggiamo,  mentre la spiritualità  dà  prospettiva,  dà energia.   La preghiera ci fa capire dove andare,  ci purifica i desideri,  ci fa comprendere quali sono le cose per le quali vale veramente la pena di lottare:  significa far entrare Dio nella nostra vita per capire cosa dobbiamo fare insieme per lottare e cambiare la situazione nella quale ci troviamo,  perché il Dio di Gesù Cristo è  un Dio che vuole la nostra felicità,  la nostra salvezza.

Che cos’è la salvezza?  normalmente pensiamo che sia una situazione che interviene dopo la morte,  ma il messaggio centrale di Gesù  è  la salvezza legata al Regno di Dio:  nel Nuovo Testamento il Regno  è  uno spazio,  un posto dove la volontà  di Dio non è  la croce,  ma far scendere le persone dalle croci.  Il Regno è  uno spazio vitale dove c’è  la possibilità  di vivere in libertà,  di essere autentici,  di essere se stessi,  dove il desiderio di vita di Dio si realizza.

Il potere dissacrante della croce cristiana

Che cos’è la croce di Gesù?

La croce è  innanzitutto la persecuzione di chi disobbedisce,  un verdetto giuridico,  un giudice che ti condanna a morte.  La croce è  la persecuzione di chi fa le cose in modo diverso perché  sta seguendo Gesù,  è  persecuzione per chi ha il coraggio di vivere il vangelo:  nel momento in cui lo schiavo dice basta e comincia a ribellarsi,  è allora che prende la croce.  La croce diventa la manifestazione esterna di una persona che sta cercando di essere felice e per questo viene perseguitata.

Moltmann parla di girotondo trinitario:  noi siamo nati per giocare perché  il gioco rende felici,  perché  Dio stesso è  gioco.  Gesù  ha portato il gioco trinitario sulla terra,  stranamente però  nel momento in cui Gesù  lo ha fatto,  Erode,  Pilato,  Caifa si sono coalizzati e l’hanno ucciso:  questo significa che la politica,  l’economia e la religione sono contro il girotondo trinitario.  Se Dio che è  l’unica verità,  è  stato crocifisso allora io servo e obbedisco a Erode,  Pilato e Caifa finché  si comportano bene,  ma quando non si comportano più  bene sono desacralizzati,  svalutati e posso dire “basta,  finiscila” in quanto ci prendono in giro,  hanno ucciso Gesù e noi non gli crediamo più.

La croce è  fonte di libertà:  mi libera dalla paura anzi da tutte le paure,  mi dà  la gioia di vivere e amare,  di buttarmi e di rispondere all’amore,  per questo per san Paolo diceva di gloriarsi soltanto della croce del Signore Gesù  Cristo (Gal. 6,14):   la croce vissuta come gloria,  segno di festa,  fatto di gioia,  di amore,  in cui è  l’altro che decide la misura in cui deve essere amato perché  io sia credibile.  Quando uno vive questa croce,  gli accade anche questo amore e non c’è  bisogno che qualcuno lo spieghi per comprenderlo.

La croce è  dissacrazione del potere religioso:  se sono stati i sommi sacerdoti a uccidere Gesù,  la croce dimostra che la religione può  compiere bestemmie,  può  ammazzare Dio,  perciò  proprio perché  non siamo più  sottomessi alla religione,  la libertà  nei confronti della religione è  creatività.

La croce è  dissacrazione della legge,  del potere politico:  le leggi non hanno niente di santo,  sono scelte umane di organizzazione sociale,  servono perché  alcuni possano rubare legalmente.

La croce è  dissacrazione della famiglia:  anche nella famiglia non c’è  niente di sacro,  anche nella famiglia la suprema legge è  l’amore.  Gesù  non parla mai della famiglia in termini positivi:  l’unica volta in cui parla,  presenta un nuovo modello di famiglia,  la famiglia escatologica,  la famiglia degli ultimi tempi dove si vive l’amore rivelato da Gesù e  dove ognuno si prende cura dell’altro.

La croce è  anche giudizio sull’amicizia:  Gesù  chiama “amico”  anche Giuda e non è  retorico,  se dice  “amico”  è  così,  tuttavia fa capire a Giuda che voler bene a qualcuno non significa quello che lui sta facendo,  cioè  tradire.

Ma la cosa più  importante della croce è  che ci libera anche dalle nostre ricchezze,  dalle cose che possediamo.

La preghiera che vive sotto la luce della croce diventa una luce illumina costantemente la mia vita,  dando il permesso di fare le cose proibite:  se noi preghiamo “venga il tuo regno”  è  perché  questo regno non è  ancora arrivato e noi non possiamo andare d’accordo con questa società,  con questa famiglia  (tuttavia se il Cristo è  paziente con me,  allora io sono paziente con gli altri)

Le energie della Resurrezione che alimentano la lotta

Che cos’è  la resurrezione?  Che cosa ci dà  la resurrezione?

Prima di tutto diciamo una cosa:  la resurrezione non si può  separare dalla croce.

Sì  è  vero,  la croce dice la verità  sul fatto che la nostra vita è  gioco e libertà  però  nello stesso tempo dà  la brutta notizia che questa vita non si può  vivere.  La resurrezione porta la realtà  della vittoria,  non è  altro che dire che il carnefice che è  quello che uccide Gesù  non ha l’ultima parola,  tutti i carnefici,  nella storia non hanno l’ultima parola.

La resurrezione ci dice che c’è  una corrente di amore divino nella croce.

Gesù  senza resurrezione è  uno dei tanti uccisi:  Socrate,Gandhi,Martin L.King,  Falcone e Borsellino…  Nella croce non c’è  solo un amore umano ma divino,  essa è  una rivelazione di Dio,  rivela  come è  Dio.  San Paolo dice ” se Dio è  con noi,  chi sarà  contro di noi?”  (Rm. 8,32):  dove trovi un’energia più  forte di questa per la lotta?   Dio è  con te non solo come nell’Antico Testamento,  ma è  con te in quella forma di amore liberante,  Dio è  il segreto della vita,  del cosmo dell’universo,  dell’uomo,  dell’esistenza,  la corrente di amore che fa il mondo…  io mi sento in sinergia con tutto l’universo,  il mistero del mondo è  incarnato dentro di me.

La resurrezione apre la immaginazione,  dà  la forza per immaginare e costruire un mondo diverso.

L’ateismo uccide l’immaginazione,  invece la resurrezione apre l’immaginazione.  Il futuro è  l’immaginazione.  Come posso essere io felice se le generazioni che mi hanno preceduto e hanno lavorato per la felicità  non possono godere della mia stessa felicità?  Una persona che crede nella resurrezione è  una persona che può  immaginare tutto il bene possibile e che un altro mondo è  possibile.   Che cosa dobbiamo fare noi?  Dobbiamo anticipare oggi la vittoria della resurrezione in piccole vittorie,  fino alla vittoria finale.

La resurrezione è  lotta.

Il fatto che tutto non finisce con la croce significa che non bisogna accettare la croce,  bisogna reagire rispetto a coloro che ci mettono in croce.  Come si reagisce?  risorgendo!  questo è  l’annuncio di Gesù:  tu mi crocifiggi e io risorgo,  sono immortale.  La resurrezione è  la fine della rassegnazione,  è  lotta per alimentare le energie della vita,  questa energia deve entrare dentro di noi e poi noi possiamo farla uscire.

La persecuzione nei confronti di qualcuno che vuole fare qualcosa cresce,  ma cresce anche l’energia per fare fronte alla lotta.  Man mano che entriamo nella realtà,  con le esperienze e con la preghiera come discernimento,  cominciamo a scoprire che la realtà  è  un po’  diversa da come l’avevamo sempre vista:  Gesù  ha cominciato che voleva cambiare il mondo,  ma poi a Cesarea di Filippi scopre che la realtà  ha cambiato lui.  Dal momento in cui chiede  “ma voi chi credete che io sia?”  (Mc.8,29)  non annuncia più  il regno di Dio perché  si accorge che quella strada ha fallito,  quindi cambia strategia,  comincia a parlare a pochi e si prepara alla lotta finale.  Il più  bell’annuncio della resurrezione di Gesù  è  quando durante l’ultima cena dice  “noi ci incontreremo di nuovo insieme e berremo di nuovo insieme il vino”.

La resurrezione distrugge la rassegnazione.

È  una speranza,  perché  è  vero che non sappiamo nulla riguardo alla vittoria sulla morte ma nello stesso tempo abbiamo dei segni e la portiamo scritta nel nostro dna,  nelle nostre esperienze di amore,  dove c’è  un godere,  un piacere.  Non è  l’esperienza del peccato e del sacrificio,  ma è  l’esperienza del godere nel presente che è  una certezza:  se io faccio un’esperienza di amore pieno e libero oggi,  come libertà  che mi dà  la croce nei confronti di tutte le realtà  familiari,  politiche,  sociali chi mi può  dire che il Signore non esiste?  Esiste,  perché  io lo sento.   Nel momento in cui sto vivendo la festa di Dio,  nonostante le persecuzioni di chi mi vuole tassello del sistema di oppressioni,  io godo dell’amore del prossimo:  godere significa gustare quanto è  buono il Signore.  Nella resurrezione non c’è  solamente il desiderio presente in tutta l’umanità  dell’amore per sempre,  c’è  di più:  c’è  l’esperienza che abbiamo fatto vivendo e godendo dell’amore e della pienezza di vita ed è  questa pienezza di vita la forza che sconfigge la paura della morte che ci blocca nella lotta.  Quando stiamo bene chi ci ferma?  Noi abbiamo la speranza della resurrezione,  ma anche l’esperienza.

La vittoria attraverso la lotta nonviolenta

Gesù  dice  ”coraggio io ho vinto il mondo”  (Gv. 16,28).

Quando si vince?  Quando c’è  battaglia e lotta.  L’azione di Gesù  è  stata un’azione nonviolenta  perché  abbiamo visto che il nostro Dio è  impotente:  allora se noi combattiamo e ci uniamo all’azione nonviolenta di Gesù  per tutta la sua vita fino alla croce e resurrezione,  noi vinciamo.

L’azione nonviolenta è  un amore attivo:  ci hanno inculcato che l’amore è  passivo  (“che dobbiamo fare?  il Signore ci ha detto di perdonare sempre”,  ma se quel perdono ci distrugge come persone è un amore passivo,  non è  la croce della resurrezione,  non è  l’amore di Cristo ma è  oppressione).

L’azione nonviolenta  quando è  veicolo di quell’amore e dello Spirito Santo,  è  potere di cambiare e trasformare la storia:  abbiamo la certezza della vittoria nelle nostre mani,  ma se vogliamo cambiare qualcosa,  non dobbiamo pregare Dio di cambiare la realtà,  dobbiamo cambiarla noi,  dobbiamo pregare per avere l’energia,  avere l’esperienza del godimento e agire.  Questa è  la proposta.

Talvolta ci riuniamo nelle associazioni per perdere tempo,  per evadere dai veri problemi della vita,  ma se lo Spirito Santo ci sta chiamando a lottare contro un certo problema e quel problema non l’abbiamo fatto nostro,  quella lotta non riusciremo a portarla avanti.  La preghiera allora ci purifica,  ci fa capire se quello che vogliamo cambiare è  giusto oppure no,  perché  se non è  giusto e vogliamo agire per nostro egoismo personale o vogliamo qualcosa che non è  importante,  lo Spirito Santo mai agirà  attraverso di noi.

In questa preghiera,  nell’esperienza del godere,  nella lotta per la felicità  vera che abbiamo visto,  nella libertà  della croce,  con quell’amore della Croce che ci fa godere,  nell’azione nonviolenta e nella speranza della vittoria nella resurrezione,  noi vinciamo sempre!

 

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